Sembrava non finisse mai… quella nuova positiva spinta verso il cambiamento, consolidato da traguardi concreti di crescita e dalla fiducia nel continuo miglioramento.

Dal baratro della guerra, il decennio della ricostruzione aveva rimesso in piedi il paese e pur con grandi squilibri l’Italia aveva ripreso un ruolo significativo soprattutto nel campo culturale.

La ripresa infatti ebbe la capacità di affiancare, al rilancio strutturale post bellico, una profonda fase di autocoscienza generatrice di uno spleen intellettuale e creativo, foriero di indimenticabili opere letterarie, artistiche, cinematografiche.

Gli anni 60, oggi perimetrati quasi come un brand nostalgico, furono in effetti una sorta di premio per l’impegno e la capacità di superare sostanzialmente indenni il peso di una involuzione drammatica nel corso dei decenni precedenti.

Da quello speranzoso benessere che lentamente si propagava nei vari strati della popolazione nasceva una società nuova che si scrollava dalle spalle sacrifici, ingiustizie e criticità.

Questa illusoria corsa all’infinito, resa però concreta dalle conquiste sociali e da una rinata coscienza, si connoterà presto come il motore di un paese nuovo e moderno, dialogante con il mondo grazie soprattutto ad una cultura identitaria forte, ammirata da tutti. 

Questo tema ci è comunque caro, per vicinanza generazionale e come campo di osservazione sul quale ragionare in funzione della realtà attuale.